L’houseboat non necessita della patente nautica perché può essere guidata anche da chi non ne è in possesso. Tuttavia sia per me sia per Luca è stata la prima volta che ci siamo cimentati nella sua guida (io solo per tratte brevi e semplici).
Nonostante una breve lezione (60minuti) al momento della consegna su come navigare e guidare, non ci è stato detto altro e noi, erroneamente, ci eravamo immaginati che la navigazione, le manovre e gli ormeggi nei vari porti, con tanto di “chiuse” sarebbero stati molto più semplici di quanto poi si è invece verificato: muoversi in spazi ristretti con un’imbarcazione di 14 metri è tutt’altro che semplice e intuitivo, soprattutto nei primi giorni e specie nei porti.
Inoltre, guidare una barca non è certo come guidare un mezzo su strada. Se in automobile giri il volante a destra e la vettura “ubbidisce”, su acqua cambia tutto. Tu puoi direzionare il timone in una direzione, ma questo elemento vien poi influenzato dalla corrente dell’acqua, nonché dal vento: due elementi al di fuori del tuo controllo con cui però devi fare in qualche modo i conti. Insomma riuscire a fare andare una Houseboat nella direzione che hai in mente non è così’ lineare come puo’ pensare chi – come noi – è tendenzialmente estraneo al mondo delle barche.
1. Valensole (città della lavanda)
2. Borgo provenzale di Roussillon e il sentiero dell’ocra da percorrere a piedi con i bambini molto divertente.
3. Avignone da vedere
4. Pont du Gard (ponte acquedotto più grande al mondo)
5. Arles (dove visse Van Gogh, città suggestiva e Bohémien)
6. Saline distese di sale rosa e fenicotteri a perdita d’occhio (se siete fortunati)
8. Parco ornitologico nel cuore della Camargue.
Abbiamo navigato lungo il Canal du Midi, che si trova appunto nel Sud della Francia, e che ha inizio dalla cittadina marinara di Sete, conosciuta anche come “La piccola Venezia della Languedoca”, sul limitare della regione della Camargue e termina a Tolosa, la “Città Rosa”.
Il Canal du Midì dal 1996 è stato inserito nel Patrimonio Mondiale dell’UNESCO.
Una Crociera Fluviale lungo questo canale è il modo migliore per scoprire questa regione incantata e visitare gli antichi borghi medievali, le città fortificate ricche di storia e le tante colorate e caratteristiche città portuali.
Siamo partiti da Cassefieres e la prima tappa è stata Marseillan. Abbiamo attraversato la Laguna di Thau o Etang de Thau, che è un piccolo “mare interno” situato lungo la costa della Linguadoca che unisce il Canal du Midi alla regione della Camargue. Si estende per 21 km dal borgo di Sete fino alla cittadina di Marseillan, separato dalle acque azzurre del Mediterraneo solo da una sottilissima striscia di sabbia coltivata a vigneto, ed è il secondo lago più esteso della Francia.
La Laguna di Thau è classificata come area protetta e il suo ambiente naturale, dove convivono diverse centinaia di specie animali e vegetali, non ha eguali in Europa, ecco perché attraversando questo tratto potrete avere la fortuna di vedere cavalli bianchi, fenicotteri, gru, aironi, mandrie di tori neri.
Nella Laguna di Thau vengono allevate inoltre oltre la metà della produzione nazionale francese di ostriche e molluschi di mare e infatti vedrete queste acque puntellata da palafitte a strapiombo sull’acqua.
Ostriche e molluschi personalmente non mi piacciono, ma per gli amanti del genere qui nel sud della Francia possono essere degustate a prezzi accessibili per tutti.
Adagiata nella parte finale della laguna, ai margini del Mediterraneo, rappresenta un autentico villaggio di pescatori, con il suo porto turistico e le sue antiche case vinicole dove il patrimonio naturale, la fauna e la flora sono preservate. Abbiamo trascorso solo 1 notte in questo porto dall’atmosfera vivace con tanti ristorantini e negozietti.
Palavas les Flots deve il suo nome al termine latino Palus Avis “la palude degli uccelli”.
Si tratta di un ex villaggio di pescatori, con i suoi vicolini stretti, i mercati del sud e i numerosi ristoranti con specialità di mare. Palavas è il tipico villaggio della Camargue, amichevole e festaiolo.
Questa è anche la tappa che più abbiamo amato, e non solo per l’aiuto che abbiamo ricevuto da altri navigatori ben più esperti di noi che ci hanno aiutato in un attracco davvero complesso.
Palavas ha una bellissima e ventosa spiaggia, una suggestiva seggiovia panoramica che abbiamo preso la sera per attraversare il canale splendidamente illuminato (e portare i bambini a saltare sui gonfiabili in spiaggia e al Luna Park) e tanti ristoranti che sono andati incontro anche ai gusti dei nostri figli (tra tutti, abbiamo lasciato un pezzo di cuore al ristorantino stile vintage Mamiè Rosè nel quale abbiamo mangiato una fonduta di Camembert da capogiro).
Qui ci siamo fermati 2 notti, sebbene ci saremmo volentieri fermati più a lungo perché ci siamo trovati molto bene e la sera era molto vivace. Senza contare che quella fonduta ci aveva creato una vera dipendenza.
Per una notte ci siamo dovuti fermati a Frontignan situata a sud di Montpellier.
Nel nostro itinerario questa doveva essere solo una tappa di passaggio per arrivare a Sète. Invece ci siamo dovuti fermare una notte lungo il canale (quindi niente porto, niente attacchi per acqua ed elettricità) perché a Frontignan c’è un ponte levatoio che si apre solo tre volte al giorno: alle 8,30, alle 13 e alle 19 e non siamo arrivati fuori orario.
E così siamo rimasti bloccati a Frontignan. E’ stata una notte un po’ “movimentata” e irrequieta perché poco lontano da dove avevamo ormeggiato c’era un rave party e già dalla sera avevamo notato qualche ragazzo un po’ ubriaco e qualche altro tipo dall’aria non troppo raccomandabile passeggiare nei dintorni.
Nonostante l’atmosfera non ci piacesse molto, non avevamo però modo di muoverci da lì.
Quella notte io e Luca abbiamo sentito dei passi sul tetto della nostra barca mentre eravamo sotto a dormire. Insomma, non essendo nella sicurezza del porto, non ci siamo affatto sentiti sicuri.
Per fortuna la notte poi è proseguita tranquillamente e probabilmente quei passi che avevamo sentito e che ci avevano un po’ spaventato erano stati di qualcuno che era salito sì a curiosare, ma poi se ne era anche andato.
Il giorno seguente avevamo programmato un bellissimo giro panoramico in bicicletta per poter raggiungere Séte, che è il più grande porto peschereccio del Mediterraneo ed ha conservato un’identità culturale tanto forte quanto colorata.
Sete è caratterizzata da canali, ponti girevoli e levatoi e per questo è soprannominata “La piccola Venezia della Languedoca”.
Tuttavia non siamo riusciti a visitarla perché le biciclette che ci avevano dato a noleggio (insieme alla barca) si sono bucate dopo pochi km e non vi dico la fatica di tornare indietro a piedi, con le bici praticamente caricate in spalla e tre bambini affamati, assetati e ormai stanchi di camminare nel bel mezzo del nulla.
La nostra avventura in houseboat si è conclusa nella colorata e carinissima Bouzigues. Nella quale siamo rimasti fermi finché il vento è calato e ci ha permesso di riprendere la navigazione per riconsegnare la barca.
Ed è qui, tra attraversando la laguna di Thau che abbiamo vissuto il momento più difficile del nostro avventuroso viaggio. Qui la navigazione passa dal tratto stretto, calmo e rassicurante del Canal du Midì ad una sorta di piccolo mare interno, costellato dalle palafitte a strapiombo sull’acqua per la coltivazione di ostriche e sotto le cui acque abbiamo anche visto immense distese di meduse.
Purtroppo si è alzato un vento improvviso e abbiamo dovuto fare un attracco di fortuna per non rischiare che si bruciasse il motore, inadatto per andare controvento a tale velocità. Se il motore fosse andato in panne, ci saremmo ritrovati in balia del vento, nel bel mezzo della laguna, con una barca da governare di 14 metri, circondati da palafitte e scogli.
Fortunatamente, Luca ha tenuto il sangue freddo, ha bene interpretato le cartine nautiche in nostro possesso, e con una serie di manovre è riuscito a condurci in salvo.
La tensione e lo spavento, tuttavia, li abbiamo vissuti tutti quanti.
La grande lezione che ci portiamo a casa da questa comunque bella esperienza vissuta a 360 gradi è che, anche nelle avversità, ce la si può fare. Spesso abbiamo risorse inaspettate che teniamo lì, un po’ sopite, senza neanche sapere di averle.
E allora forse è per questo che, per il momento, alla vacanza preferisco la dimensione del viaggio perché si può trasformare più facilmente in “avventura” e darmi l’occasione di uscire dalla mia zona di confort.
Del resto, forse, è proprio quando il vento soffia contrario che ci dà l’opportunità di misurarci con i nostri limiti e magari di sorprenderci anche a superarli, mettendo in atto risorse che credevamo di non avere.