Oggi Elisa compie tre mesi. Per me lei è gioia e felicità. Ritengo di essere fortunata perché anche quando piange esasperata, il suo pianto non è fastidioso o lacerante. Può sembrare un controsenso, ma è la verità. Con Elisa mi rilasso anche quando vuole stare attaccata alle mie tette, anche quando la appoggio nel lettino e lei si sveglia perché preferisce stare tra le mie braccia. Ma prendersi cura di un neonato non è affatto facile, bisogna essere preparati e supportati se non si ha esperienza.
Oggi il mio pensiero va a una giovane mamma che, in un momento di esasperazione, ha buttato per terra il suo piccolo, uccidendolo. All’inizio ha detto che le era scivolato di mano, poi non ha potuto reggere il peso per un gesto tanto estremo e ha confessato. Il piccolo aveva l’età di Elisa: soltanto tre mesi. Questa vicenda è una di quelle che ti svuota l’anima a pensarci e che ti martella nella testa.
Secondo la ricerca scientifica, vi sono 9 fattori che possono contribuire a sviluppare questa condizione: dalla genetica alla mancanza di sostegno familiare e sociale, da una precedente storia di ansia e/o di depressione agli eventi stressanti durante la gravidanza.
Ma perché alcune madri che posseggono tutti gli “ingredienti” per una depressione post-partum possono uscirne indenni? E perché altre, che appaiono libere da fattori di rischio, possono invece trovarsi a sviluppare questa dolorosa condizione facendo fatica ad uscirne?
Vi invito a leggere l’articolo dello psicologo Luca Mazzucchelli “Depressione post partum: 9 tratti di personalità che mettono a rischio le mamme” in cui vengono analizzati i profili di donne soggette a sviluppare questa patologia.
Se pensate di soffrire di questo disturbo o desiderate essere rassicurate e ascoltate, potete chiamare il Numero verde: 800.274.274 – per chiamate da cellulare 02.29007166
Per maggiori info visitate il sito www.depressionepostpartum.it